giovedì 5 maggio 2016

Come smontare un sogno - Istruzioni per l’uso



Mentre scriviamo, il Brasile attraversa i giorni piú delicati negli ultimi trent’anni della sua fragile democrazia. Il Partito dei Lavoratori (PT) è stato protagonista di riforme politiche importanti durante il Governo Lula (2003-2010): i suoi progetti di inclusione sociale sono riusciti a riscattare piú di 16 milioni di persone dal livello di povertá estrema.

Come recita il nostro inno nazionale, sembrava che il gigante si stesse realmente svegliando. Anche se appoggiato a politiche estrattive e neocoloniali, che ripetevano in un periodo di alti prezzi delle commodities i vecchi schemi del saccheggio ed esportazione delle risorse naturali.

Con la crisi economica, si è svelata la debolezza di questo piano. In parallelo, la necessità di mantenersi al potere ha negoziato progressivi sconti sui principi ideologici, i valori e le priorità politiche, spostando sempre più la marcia del governo da sinistra verso posizioni neoliberali.
Il sentimento di potere, e forse la percezione che non sarebbe durato ancora per molto, ha favorito il marciume sotterraneo della corruzione.
Il tutto amplificato da un sistema elettorale che fino all’anno scorso permetteva il finanziamento delle imprese ai partiti, scambiando così l’appoggio economico in campagna elettorale con la restituzione di favori politici negli appalti dei grandi progetti.

Eppure, malgrado le contraddizioni, il progetto politico del PT aveva vinto le ultime elezioni di ottobre 2014. La maggioranza del Paese, ancora profondamente segnato dalla disuguaglianza nell’accesso ai diritti fondamentali, riconosceva il pericolo di una svolta neoliberale: associare il potere politico al controllo economico delle elite finanziarie significherebbe il retrocesso del cammino di inclusione dei poveri.
I partiti all’opposizione non hanno digerito la sconfitta elettorale. I gruppi d’elite sono sempre piú spaventati perché la crisi economica mondiale sta cominciando ad intaccare i loro interessi, affari e stile di vita. 

Nei prossimi anni il Brasile dovrà disputare politicamente ed economicamente il controllo e la destinazione dei profitti di grandi giacimenti di petrolio scoperti lungo la sua costa atlantica. Recentemente, la capitolazione di governi democraticamente eletti, sia in Paraguay che in Honduras, non ha destato rivolte eccessivamente critiche, mantenendo così i nuovi poteri affermatisi con la forza.

A partire da questo scenario, incredibilmente, si stanno conformando condizioni anche in Brasile per quello che molti definiscono un possibile ‘golpe bianco’. Nel nostro sistema presidenziale, diverso da quello italiano, la sfiducia ad un governo è data dai cittadini solo tramite nuove elezioni, dopo un mandato di quattro anni.
Eppure, una alleanza di interessi trasversali sta portando alla possibilità di un colpo di stato travestito nei panni di una costituzionalità ben poco convincente. 
Il ruolo dei media, ancora una volta, è decisivo. Soprattutto in un paese in cui esiste un controllo di poche famiglie sui principali canali televisivi ed il 74% delle persone assiste alla TV tutti i giorni.

Non c’è spazio per approfondire meglio la situazione. Ci troviamo in un momento molto delicato, che corre il rischio di una deriva istituzionale e che già sta alimentando posizioni fondamentaliste e atteggiamento politici messianici, in cui nuove figure si propongono come i nuovi eroi di una purificazione nazionale della corruzione. Paradossalmente, però, questa purificazione si sta concentrando solo su un gruppo di partiti, quelli attualmente al potere, rivelando così la sua strumentalizzazione.

Il Paese è diviso, il livello polemico dei dibattiti è aumentato al punto di non riuscire più nemmeno ad ascoltarsi con rispetto, la violenza è a livelli allarmanti, la politica ha perso quasi completamente di credibilità ed occorrerà tempo per riscattare il suo valore. In prospettiva, qualsiasi siano gli sviluppi immediati di questa situazione, ci attendono tempi di forte conflitto sociale. 
Una volta ancora, le principali vittime di questa instabilità saranno i più poveri.