La domanda che piú spesso ho ascoltato durante il FSM di
Montreal é “Cosa possiamo fare noi da qui?”. Realizzare per la prima volta il
Forum nel nord del mondo evidenzia la distanza che ancora esiste con il Sud
globale.
In questa ricca cittá del Québec, in alta stagione, mancava
molto la parola del Sud, specialmente dell'Africa e dell'Asia.
La politica
asettica del Canada alle sue frontiere ha filtrato il diritto delle persone a
viaggiare ed incontrarsi.
Come si sa, almeno 250 visti d'ingresso richiesti dai
partecipanti stranieri al Forum sono stati negati. “Siamo portatori di idee,
non di bombe”, si sfoga l'attivista maliana dei diritti umani Aminata Trauré,
già ministra della cultura e tra i candidati a succedere a Ban Ki-moon ai
vertici Onu.
L'incontro di Montreal ha posto il FSM in una logica diversa.
Con meno intercambio sud-sud e meno stimoli per inventare la resistenza dal
basso (“Crear para crer”, diciamo in America Latina). Ma con buone
riflessioni e provocazioni nella linea dell'incidenza politica,
dell'articolazione con instituzioni internazionali e degli stili di vita.
Sicuramente, in molti dibattiti, é parso chiaro che non si puó trattare
isolatamente ciascuna forma di resistenza, perché la crisi é una sola: di
sistema, di valori... e in alcuni momenti anche di speranza.
In diversi paesi, ultimamente, soffia un vento di instabilitá
dei valori democratici; a livello globale sembrano sgretolarsi alcuni punti di
riferimento essenziali, su cui costruire solidi e giusti accordi di convivenza.
La violenza impazzita e la follia fanatica del terrorismo smonta in molte
persone la fiducia nel dialogo, nella convivialitá delle differenze. Il
linguaggio seducente delle multinazionali e dei governi e la loro doppia morale
inducono parecchi all'illusione che qualcosa sta cambiando, che sta crescendo
la sensibilitá per la giustizia sociale ed ecologica.
Dobbiamo dire, piuttosto,
che cresce la capacitá di cammuffare interessi e camminare agilmente sul filo
dell'ambiguitá, per garantire i profitti di sempre com una maschera piú verde e
accogliente.
In questo contesto, il FSM é sempre piú necessario, anche se
ha bisogno di evolvere nelle sue strategie. Alcuni suggeriscono che si
approfondiscano macroincontri tematici (é in gestazione uno su governi e forme
alternative di potere popolare, analizzando la situazione a partire
dall'America Latina). Altri insistono che il Forum dovrebbe sfruttare meglio il
grande potere di incidenza che hanno centinaia di organizzazioni e movimenti
sociali ben articolati. Altri ancora sentono che occorre aggregare e
consolidare la relazione con i movimenti sociali piú giovani...
Per chi lavora dal basso, il Forum é sempre occasione
preziosa per costruire rete di analisi e azioni tematiche. É come incontrarsi
in una grande piazza, sotto la tenda del dialogo tra le culture, del dibattito
sul cambio climatico e l'energia alternativa, della resistenza al superpotere
delle transnazionali, ecc. Mi piace chiamare questa piazza com lo stesso nome
che propone Papa Francesco: globalizzazzione della solidarietá.
A Montreal ho lavorato molto sotto la tenda delle comunitá
che soffrono gli impatti delle industrie estrattive, specialmente in America
Latina.
Abbiamo radunato un buon gruppo di persone per riflettere, in
una sequenza logica di quattro seminari, sulle violazioni provocate dalle
industrie minerarie, sulle relazioni promiscue tra le imprese e gli stati,
sulla criminalizzazione dei leaders comunitari e l'aumento fuori d'ogni
controllo delle uccisioni di sindacalisti e membri dei movimenti sociali.
Abbiamo provocato una riunione con alcuni vescovi canadesi,
per rafforzare la relazione della rete ecumenica latinoamericana Iglesias y
Minería con questa conferenza episcopale, ed ottenere il suo appoggio
formale in alcune delle nostre iniziative.
Abbiamo rilanciato la Rete Ecclesiale Panamazzonica (REPAM)
come uno strumento di articolazione che in qualche maniera replica, in chiave
ecclesiale, l'intuizione del FSM.
Putroppo la piazza del FSM e tutti gli spazi pubblici in cui
si radunano persone che sognano un mondo piú giusto, spesso si trasforma in un
non-luogo, come la stazione del metró, in cui la maggioranza della gente passa
senza alzare la testa, ciascuno con il suo itinerario ed il suo piccolo mondo
nella borsa.
Una enorme sfida, per combattere le gravi violazioni di
diritti socioambientali di oggi, é ottenere l'appoggio della gente
disinteressata e distante.
Non la si conquista insistento sul “dovere”
dell'impegno sociale, ma mostrando che prendersi cura della Vita dá senso e
sapore alla vita di ciascuno. Se il capitalismo é una religione, il suo rito é
il consumo e la sua mistica é il desiderio indotto, occorre un nuovo
immaginario, alimentando sogni piú profondi, piú umani.
Un cammino é raccontare storie. Storie di gente che fa le
cose con gusto, di comunitá che si autodifendono e proteggono il loro stile di
vita, di sogni in costruzione.
Imparare a raccontare storie é scrivere una nuova Storia. É
successo cosí anche con il Vangelo, che ancora oggi ispira il dono della vita
di molte persone...