domenica 21 agosto 2016

Un Forum, non un buco nell'acqua



La domanda che piú spesso ho ascoltato durante il FSM di Montreal é “Cosa possiamo fare noi da qui?”. Realizzare per la prima volta il Forum nel nord del mondo evidenzia la distanza che ancora esiste con il Sud globale.
In questa ricca cittá del Québec, in alta stagione, mancava molto la parola del Sud, specialmente dell'Africa e dell'Asia. 
La politica asettica del Canada alle sue frontiere ha filtrato il diritto delle persone a viaggiare ed incontrarsi. 
Come si sa, almeno 250 visti d'ingresso richiesti dai partecipanti stranieri al Forum sono stati negati. “Siamo portatori di idee, non di bombe”, si sfoga l'attivista maliana dei diritti umani Aminata Trauré, già ministra della cultura e tra i candidati a succedere a Ban Ki-moon ai vertici Onu.

L'incontro di Montreal ha posto il FSM in una logica diversa. Con meno intercambio sud-sud e meno stimoli per inventare la resistenza dal basso (“Crear para crer”, diciamo in America Latina). Ma con buone riflessioni e provocazioni nella linea dell'incidenza politica, dell'articolazione con instituzioni internazionali e degli stili di vita. Sicuramente, in molti dibattiti, é parso chiaro che non si puó trattare isolatamente ciascuna forma di resistenza, perché la crisi é una sola: di sistema, di valori... e in alcuni momenti anche di speranza.

In diversi paesi, ultimamente, soffia un vento di instabilitá dei valori democratici; a livello globale sembrano sgretolarsi alcuni punti di riferimento essenziali, su cui costruire solidi e giusti accordi di convivenza. 
La violenza impazzita e la follia fanatica del terrorismo smonta in molte persone la fiducia nel dialogo, nella convivialitá delle differenze. Il linguaggio seducente delle multinazionali e dei governi e la loro doppia morale inducono parecchi all'illusione che qualcosa sta cambiando, che sta crescendo la sensibilitá per la giustizia sociale ed ecologica. 
Dobbiamo dire, piuttosto, che cresce la capacitá di cammuffare interessi e camminare agilmente sul filo dell'ambiguitá, per garantire i profitti di sempre com una maschera piú verde e accogliente.

In questo contesto, il FSM é sempre piú necessario, anche se ha bisogno di evolvere nelle sue strategie. Alcuni suggeriscono che si approfondiscano macroincontri tematici (é in gestazione uno su governi e forme alternative di potere popolare, analizzando la situazione a partire dall'America Latina). Altri insistono che il Forum dovrebbe sfruttare meglio il grande potere di incidenza che hanno centinaia di organizzazioni e movimenti sociali ben articolati. Altri ancora sentono che occorre aggregare e consolidare la relazione con i movimenti sociali piú giovani...

Per chi lavora dal basso, il Forum é sempre occasione preziosa per costruire rete di analisi e azioni tematiche. É come incontrarsi in una grande piazza, sotto la tenda del dialogo tra le culture, del dibattito sul cambio climatico e l'energia alternativa, della resistenza al superpotere delle transnazionali, ecc. Mi piace chiamare questa piazza com lo stesso nome che propone Papa Francesco: globalizzazzione della solidarietá.

A Montreal ho lavorato molto sotto la tenda delle comunitá che soffrono gli impatti delle industrie estrattive, specialmente in America Latina.
Abbiamo radunato un buon gruppo di persone per riflettere, in una sequenza logica di quattro seminari, sulle violazioni provocate dalle industrie minerarie, sulle relazioni promiscue tra le imprese e gli stati, sulla criminalizzazione dei leaders comunitari e l'aumento fuori d'ogni controllo delle uccisioni di sindacalisti e membri dei movimenti sociali.
Abbiamo provocato una riunione con alcuni vescovi canadesi, per rafforzare la relazione della rete ecumenica latinoamericana Iglesias y Minería con questa conferenza episcopale, ed ottenere il suo appoggio formale in alcune delle nostre iniziative.
Abbiamo rilanciato la Rete Ecclesiale Panamazzonica (REPAM) come uno strumento di articolazione che in qualche maniera replica, in chiave ecclesiale, l'intuizione del FSM.

Putroppo la piazza del FSM e tutti gli spazi pubblici in cui si radunano persone che sognano un mondo piú giusto, spesso si trasforma in un non-luogo, come la stazione del metró, in cui la maggioranza della gente passa senza alzare la testa, ciascuno con il suo itinerario ed il suo piccolo mondo nella borsa.
Una enorme sfida, per combattere le gravi violazioni di diritti socioambientali di oggi, é ottenere l'appoggio della gente disinteressata e distante. 
Non la si conquista insistento sul “dovere” dell'impegno sociale, ma mostrando che prendersi cura della Vita dá senso e sapore alla vita di ciascuno. Se il capitalismo é una religione, il suo rito é il consumo e la sua mistica é il desiderio indotto, occorre un nuovo immaginario, alimentando sogni piú profondi, piú umani.

Un cammino é raccontare storie. Storie di gente che fa le cose con gusto, di comunitá che si autodifendono e proteggono il loro stile di vita, di sogni in costruzione.
Imparare a raccontare storie é scrivere una nuova Storia. É successo cosí anche con il Vangelo, che ancora oggi ispira il dono della vita di molte persone...