giovedì 17 settembre 2015

Sogno comboniano



Mi piace correre.
In genere fisso una meta finale, ma poi nei vari momenti della corsa identifico delle tappe da raggiungere e mi concentro su di esse, così non mi spavento per tutta la strada che ancora manca.

Quando mi hanno chiesto di scrivere sul sogno comboniano, sull’utopia della nostra missione, ho recuperato quest’immagine. Abbiamo già la meta finale, non occorre riscriverla. È il Vangelo, che Francesco ha saputo ritradurre così bene nelle sfide di oggi, donandoci Evangelii Gaudium e Laudato Sí.

Sulle tappe che dobbiamo raggiungere e sui percorsi che possiamo continuare a percorrere, vorrei dire poche cose.
Non occorre essere comboniani supermen. Siamo persone semplici, con tutti i nostri limiti. Ma possiamo scegliere i luoghi in cui stare. La storia ci offre i ‘segni dei tempi’, a cui noi possiamo rispondere con alcuni ‘segni dei luoghi’.
Stare con i poveri è un segno. Una testimonianza che parla da sola. Perché scomoda la nostra vita e risveglia la creatività. Quanto più le comunità comboniane si installeranno tra i poveri e gli abbandonati, tanto più la nostra missione avrà sapore, e loro ci provocheranno a cercare senso, giustizia e speranza in questa vita.
Stiamo provando a chiamare questo atteggiamento come un ‘pellegrinaggio inter gentes’. È un bel nome per un nuovo paradigma di missione.

Il pellegrino è una persona in ricerca. È bella quest’immagine della missione come ricerca comune di Dio. Dà un senso nuovo anche alla nostra preghiera, che riparte dalla storia, racconta quello che stiamo vivendo e sentendo, contempla segni di speranza e di resistenza tra le persone con cui camminiamo, riconosce la voce di Dio negli eventi e situazioni che ci capitano, ci indigna e ci sgomenta finché la vita di tutti non è piena. Anche celebrare diventa un gesto più denso, più umano.

Si parte dalla sete comune di giustizia e di pace, dall’urgenza del prenderci cura delle vittime e della madre terra. Questa sete, come nel caso della Samaritana al pozzo, ci fa incontrare tra noi e con Dio. Ci fa capire meglio chi è il Signore della Vita e su quali cammini anche lui si fa pellegrino assetato di umanità.

Scrivo a voi, giovani, perché abbiamo bisogno di voi. Camminate con noi, aiutateci ad aprirci di più, abitate le nostre comunità, sognate con noi la missione.
Ha ancora senso consacrarsi a Dio per tutta la vita su questa strada. Ma è una strada in cui convergono anche altri: famiglie, laici e laiche missionari, donne e uomini di Dio che Daniele Comboni, due secoli fa, era già riuscito a mettere insieme, per la vita dell’Africa, del mondo…

Ad Açailândia, alle porte dell’Amazzonia brasiliana, proviamo a viverlo.
Ci consideriamo una comunità-famiglia, anche se –come in tutte le famiglie- non mancano incomprensioni e conflitti.
Alcuni anni fa ho provato a riassumere i nostri obiettivi, i sogni ed il nostro tentativo di realizzarli. Se volete, potete conoscerci meglio leggendo questo articolo.

Da almeno otto anni stiamo cercando di integrare il cammino di una comunità religiosa (padri e fratelli) con laici e laiche missionari insieme ai quali, in diversi modi, condividiamo la missione: ascoltare il grido dei poveri e della Madre Terra, interpretare le sfide del nostro tempo e del nostro luogo, rispondervi come comunità e crescere noi stessi insieme alla comunità cristiana locale.
Crediamo molto in questo stile di missione. “Io, dunque, corro, ma non come uno che è senza meta”, dice Paolo in 1Cor9. Una delle nostre mete è proprio correre insieme.

mercoledì 2 settembre 2015

Per non mettere il Papa nel cassetto



Ci sono due maniere per “neutralizzare” la profezia e la speranza che Papa Francesco ci sta trasmettendo: metterlo nel cassetto o allontanarlo, sul palco.
 
La potenza dell’enciclica Laudato Sí si potrebbe spegnere in fretta, dopo qualche articolo di giornale e alcuni dibattiti nelle nostre parrocchie. I nostri amici piú impegnati nella causa socioambientale in altri paesi latinoamericani, come Ecuador, Colombia o Perú, lamentano il disinteresse di settori importanti della chiesa istituzionale, che ha giá messo il testo nel cassetto, perché non scomodi troppo. 
Pare che Francesco lo prevedesse, se consideriamo l’insistenza con cui, nell’enciclica, rivolge “un invito urgente a rinnovare il dia­logo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta”, “per cercare insieme cammini di liberazione”. Laudato Sí dovrebbe spezzarsi come pane quotidiano sui tavoli delle nostre comunitá e famiglie, sui banchi delle nostre scuole e universitá, nei circoli delle nostre assemblee cittadine e religiose…

Altri, in maniera consapevole o inconscia, neutralizzano la forza del messaggio di Francesco allontanandolo da sé: ne fanno un profeta, che parla a nome di tutti e rappresenta le attese di tutti. Ma restano ad attendere, lasciandolo solo sul palco dello scenario internazionale. 
È per questo, crediamo, che Francesco continuamente ricorda che il suo papato “non durerá molto”: per evitare meccanismi di proiezione, che deresponsabilizzano. 
“Ai problemi sociali si risponde (…) con reti comunitarie”, sottolinea il Papa (LS 219). 

Nel discorso ai movimenti sociali in Bolivia provoca tutti, e specialmente i piú fragili ed esclusi, all’impegno collettivo: “Cosa puó fare quello studente, quel giovane, quel militante, quel missionario che attraversa tutti gli angoli delle favelas con il cuore pieno di sogni, ma quasi senza soluzioni (…)? Molto! Potete fare molto. Voi, i piú umili, gli sfruttati, i poveri e gli esclusi, potete e dovete fare molto. Oso dire che il futuro dell’umanitá sta, in grande misura, nelle vostre mani, nella vostra capacitá di organizzarvi e promuovere alternative creative (…) e nella vostra partecipazione come protagonisti nei grandi processi di cambiamento nazionali, regionali e mondiali. Non intimiditevi!”
Come missionari vogliamo crederci, ci impegnamo! Abbiamo chiaro che questo è “il momento favorevole, il giorno della salvezza” (2Cor 6,2) e ci inseriamo nel grande flusso di vita e speranza che sgorga da Francesco, remando anche noi contro la corrente dell’attuale modello di consumo e di supposto “sviluppo”.

Una prima scelta del nostro gruppo missionario in Brasile è unificare l’impegno riguardo a due delle nostre prioritá: l’evangelizzazione intesa come servizio ai popoli indigeni e come promozione della giustizia socioambientale. Assumiamo la nuova prioritá “Evangelizzazione e Amazzonia”. Comprendiamo sempre piú, infatti, come tutto sia “intimamente relazionato” (LS 137) e, nella logica dell’ecologia integrale, ci spetti promuovere la vita, difendere le culture ed i territori insieme alle comunitá che vi abitano, e cosí incontrare Dio insieme a loro. 

Identifichiamo con sempre piú chiarezza la difesa della vita in Amazzonia come una delle nostre prioritá e come un’urgenza per il mondo. Francesco ha dichiarato: “L’Amazzonia è un test decisivo e un banco di prova per la chiesa e l’umanitá”. 
L’anno scorso, le chiese dei nove paesi che si affacciano sulla Panamazzonia hanno istituito la Rete Ecclesiale Panamazzonica (REPAM), che ha accolto profondamente questa sfida, con il contributo appassionato di noi missionari, unificando le diverse forme di servizio e impegno che da molti anni i cristiani assumono in questa regione.

Per essere ancora piú pratici, abbiamo scelto alcuni contesti paradigmatici per avanzare con maggior radicalitá ed efficacia nella “cura della casa comune”. I lettori di questo blog conoscono il nostro impegno assieme alla comunitá di Piquiá de Baixo, per esempio.
Da otto anni ci stiamo impegnando nella denuncia delle gravi violazioni di diritti umani a causa delle imprese minerarie nell’Amazzonia orientale, lungo il corridoio di Carajás. 
Recentemente, in un incontro che abbiamo organizzato in Vaticano con comunitá di 18 diversi Paesi, colpite dalla violenza delle multinazionali minerarie, il Papa ha scritto: “Nell’Enciclica Laudato Sí ho voluto rivolgere un pressante appello a collaborare nell’aver cura della nostra casa comune, contrastando le drammatiche conseguenze del degrado ambientale nella vita dei più poveri e degli esclusi, e avanzando verso uno sviluppo integrale, inclusivo e sostenibile (cfr n. 13). L’intero settore minerario è indubbiamente chiamato a compiere un radicale cambiamento di paradigma per migliorare la situazione in molti Paesi”.

Laudato Sí, nostro Signore, per Papa Francesco e per le tante persone che nel nascondimento donano la loro vita in difesa della vita! “Continuate con la vostra lotta –dice Francesco- e, per favore, abbiate bene cura della Madre Terra”.