“Ti ho già
insegnato, essere umano, cosa è buono e cosa il Signore ti chiede:
semplicemente che rispetti il diritto, ami la fedeltà e, così, cammini umilmente
con il tuo Dio” (Mi 6,8).
Una delle
priorità del nostro impegno comboniano in Brasile è evangelizzare difendendo i
diritti umani nelle periferie urbane. In diverse città del Paese abbiamo
contribuito alla fondazione di Centri di Difesa dei Diritti Umani o di gruppi
umani specifici (bambini e adolescenti, persone incarcerate o senza-tetto,
vittime del lavoro in condizioni di schiavitù). Ancor oggi continuiamo facendo
parte di consigli municipali o statali di difesa dei diritti e ci impegniamo
insieme alle comunità, etnie o popoli indigeni che denunciano violazioni di
diritto e rivendicano giustizia.
Come missionari
non abbiamo una competenza giuridica specifica. Ma promuovere i diritti umani non
è solo un compito degli avvocati popolari. La Chiesa ha un ruolo decisivo
nell’annuncio e costruzione di una società in cui la voce di tutti sia
rispettata, con il compito profetico di difendere i piccoli e le minoranze
schiacciate dalla logica del profitto o del successo escludente.
Profeta dei
poveri, il vescovo Dom Pedro Casaldálida sostiene con José Maria Vigil: “Non
abbiamo la possibilità, oggi, di una rivoluzione sociale o economica. Abbiamo a
disposizione l’Utopia dei Diritti Umani. Una realizzazione piena dei Diritti
Umani equivarrebbe ad una effettiva rivoluzione integrale: democratica,
socialista, femminista, popolare, ecologica”.
Il sogno di Dio,
il suo Regno, ha sempre avuto una profonda connotazione politica e oggi si può
costruire affermando e proteggendo il diritto e la giustizia.
Il monaco
brasiliano Marcelo Barros critica: “la società dominante presenta i Diritti
Umani appena come un campo di inviolabilità individuale, diritti liberali di circolare,
comprare e consumare”. Spiega, però, che i diritti umani sono comunitari e
collettivi, implicano la cura della Madre Terra e di tutti gli esseri vivi, anch’essi,
in alcun modo, soggetti di diritto.
Il Vangelo e la
vita di Gesù di Nazareth indicano il metodo irrinunciabile di chi promuove e
difende i diritti umani: assumere il punto di vista degli impoveriti e
oppressi, non sostituirli né dirigere la loro lotta, ma appoggiare il loro
protagonismo, le loro rivendicazioni.
Questa vocazione
spetta solo a pochi missionari che, per passione o per l’obbligo di rispondere
al dramma dei gruppi umani che accompagnano, si sono immersi e specializzati in
qualche campo dei diritti umani? Assolutamente no: è una sfida e una missione
della chiesa intera.
Il nostro modo di
celebrare e comprendere il Vangelo, il nostro impegno nell’educazione cristiana
e popolare, la catechesi, la scelta delle persone che visitiamo e degli
incontri a cui partecipiamo, il silenzio o le prese di posizione in difesa dei
poveri e delle vittime, la nostra presenza o assenza agli eventi pubblici nelle
città, quartieri o villaggi in cui lavoriamo, tutto esprime l’interesse e
racchiude il potenziale della Chiesa e dei missionari nel difendere la vita.
L’animazione
missionaria a cui siamo chiamati è proprio questo: aiutare le chiese di oggi ad
uscire da se stesse e comprendere che la missione che Gesù ha assunto e ci ha
confidato è “Evangelizzare i poveri, annunciare liberazione ai prigionieri e il
recupero della vista ai ciechi, rimettere in libertà gli oppressi, proclamare
l’anno di grazia del Signore”.
La missione, così,
può contribuire alla promozione di un’etica globale, nell’incontro delle
diverse spiritualità e confessioni, nel dialogo tra i popoli, sempre a partire
dai poveri.
1 commento:
Grazie!!
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