giovedì 4 giugno 2015

Missione e diritti umani

“Ti ho già insegnato, essere umano, cosa è buono e cosa il Signore ti chiede: semplicemente che rispetti il diritto, ami la fedeltà e, così, cammini umilmente con il tuo Dio” (Mi 6,8).

Una delle priorità del nostro impegno comboniano in Brasile è evangelizzare difendendo i diritti umani nelle periferie urbane. In diverse città del Paese abbiamo contribuito alla fondazione di Centri di Difesa dei Diritti Umani o di gruppi umani specifici (bambini e adolescenti, persone incarcerate o senza-tetto, vittime del lavoro in condizioni di schiavitù). Ancor oggi continuiamo facendo parte di consigli municipali o statali di difesa dei diritti e ci impegniamo insieme alle comunità, etnie o popoli indigeni che denunciano violazioni di diritto e rivendicano giustizia.

Come missionari non abbiamo una competenza giuridica specifica. Ma promuovere i diritti umani non è solo un compito degli avvocati popolari. La Chiesa ha un ruolo decisivo nell’annuncio e costruzione di una società in cui la voce di tutti sia rispettata, con il compito profetico di difendere i piccoli e le minoranze schiacciate dalla logica del profitto o del successo escludente.

Profeta dei poveri, il vescovo Dom Pedro Casaldálida sostiene con José Maria Vigil: “Non abbiamo la possibilità, oggi, di una rivoluzione sociale o economica. Abbiamo a disposizione l’Utopia dei Diritti Umani. Una realizzazione piena dei Diritti Umani equivarrebbe ad una effettiva rivoluzione integrale: democratica, socialista, femminista, popolare, ecologica”.
Il sogno di Dio, il suo Regno, ha sempre avuto una profonda connotazione politica e oggi si può costruire affermando e proteggendo il diritto e la giustizia.

Il monaco brasiliano Marcelo Barros critica: “la società dominante presenta i Diritti Umani appena come un campo di inviolabilità individuale, diritti liberali di circolare, comprare e consumare”. Spiega, però, che i diritti umani sono comunitari e collettivi, implicano la cura della Madre Terra e di tutti gli esseri vivi, anch’essi, in alcun modo, soggetti di diritto.
Il Vangelo e la vita di Gesù di Nazareth indicano il metodo irrinunciabile di chi promuove e difende i diritti umani: assumere il punto di vista degli impoveriti e oppressi, non sostituirli né dirigere la loro lotta, ma appoggiare il loro protagonismo, le loro rivendicazioni.

Questa vocazione spetta solo a pochi missionari che, per passione o per l’obbligo di rispondere al dramma dei gruppi umani che accompagnano, si sono immersi e specializzati in qualche campo dei diritti umani? Assolutamente no: è una sfida e una missione della chiesa intera.
Il nostro modo di celebrare e comprendere il Vangelo, il nostro impegno nell’educazione cristiana e popolare, la catechesi, la scelta delle persone che visitiamo e degli incontri a cui partecipiamo, il silenzio o le prese di posizione in difesa dei poveri e delle vittime, la nostra presenza o assenza agli eventi pubblici nelle città, quartieri o villaggi in cui lavoriamo, tutto esprime l’interesse e racchiude il potenziale della Chiesa e dei missionari nel difendere la vita. 
L’animazione missionaria a cui siamo chiamati è proprio questo: aiutare le chiese di oggi ad uscire da se stesse e comprendere che la missione che Gesù ha assunto e ci ha confidato è “Evangelizzare i poveri, annunciare liberazione ai prigionieri e il recupero della vista ai ciechi, rimettere in libertà gli oppressi, proclamare l’anno di grazia del Signore”.


La missione, così, può contribuire alla promozione di un’etica globale, nell’incontro delle diverse spiritualità e confessioni, nel dialogo tra i popoli, sempre a partire dai poveri.