Nell’ultima
domenica prima di Natale, la Parola di Dio ci ha posto di fronte ad un
contrasto.
Il re Davide
decide di costruire una casa per il Signore. Immagina un tempio sfarzoso, segno
dell’autoritá di Dio e del re, nella capitale del potere religioso e politico,
Gerusalemme (il suo successore Salomone concretizzerá pochi anni dopo questo
progetto). La reazione del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe è forte: chi
sei tu per costruire una casa a me?
Nel Vangelo, il progetto si inverte: è Dio che chiede il
permesso ad una giovane ragazza della periferia galilea, di “fare casa” nel
cuore dell’umanitá, attraverso di lei.
Se guardo indietro, a questo intenso anno di cammino
missionario nel nord del Brasile, vedo questi due estremi nella nostra vita
comboniana.
In molte situazioni ci stiamo impegnando per “costruire una
casa” al Signore e alla gente.
Il progetto di “reassentamento” del quartiere di Piquiá de Baixo, in fuga dall’inquinamento, continua intensamente, anche se a passi molto
piú lenti della vita che sfugge rapidamente dalle mani della gente che vive a
fianco delle siderurgiche. Da sette anni siamo, quindi, impegnati in un
progetto complesso, prolungato e di estrema responsabilitá.
Molto del nostro impegno missionario cerca di combattere le
cause strutturali della violenza profonda sofferta nei nostri territori. I
frutti sono la deforestazione, il lavoro schiavo, il saccheggio dei beni
comuni, l’esodo rurale e la perdita del patrimonio culturale delle popolazioni
indigene, dei discendenti afro, dei lavoratori del campo…
I semi sono l’imposizione di grandi progetti di esportazione
delle materie prime o la fame di energia prodotta a basso costo per gli
interessi del capitale industriale, sulla pelle delle popolazioni locali. O,
ancora, il modello di consumo che sta ipnotizzando le nostre comunitá,
provocando violenza, desiderio e competizione.
Per lavorare alla radice queste sfide e dissodare il duro
terreno di una struttura sociale ed economica profondamente ingiusta, ci siamo
impegnati molto, quest’anno, in altri progetti di ampio respiro: la rete
Justiça nos Trilhos cresce nella sua organizzazione e, allo stesso tempo, nella
sua capacitá di farsi prossima alle comunitá piú pregiudicate dalla
duplicazione dell’immenso sistema di estrazione ed esportazione del minerale di
ferro.
In parallelo, è nata durante quest’anno la Red Eclesial
Panamazonica, un tessuto di diocesi, organismi ecclesiali e pastorali sociali
che vogliono riorganizzare, articolare e potenziare l’impegno della chiesa in
difesa della vita e dei territori amazzonici. Noi comboniani abbiamo l’onore e
l’onere di parteciparvi con responsabilitá.
Inoltre, un lungo processo ‘di base’ è sfociato, a dicembre,
nel secondo incontro “Iglesias y Minería”. Si sono riuniti quasi cento
coordinatori laici e religiosi/e impegnati in America Latina per far fronte
alle gravi violazioni provocate dall’industria mineraria nel continente intero.
Abbiamo definito linee di lavoro e di articolazione per i prossimi due anni,
cercando di incidere sempre piú sulla linea pastorale dei nostri vescovi e le
loro relative conferenze episcopali. La chiesa deve mantenersi fedele alla sua
posizione profetica di denuncia e difesa della vita, con il coraggio di
denunciare l’assurdo di un sistema che massimizza i profitti e distrugge le
culture, le comunitá, l’ambiente e le prospettive di futuro.
Insomma, stiamo costruendo molte “case” che speriamo siano
gradite al Signore e in cui desideriamo molto che lui venga ad abitare. Anche i
comboniani in Brasile hanno da poco unificato le due provincie, ed ora sono un
unico gruppo di piú di ottanta missionari presenti in diversi territori, con
molte sfide differenti da affrontare e con la necessitá di definire un progetto
comune efficace e profetico.
Vieni, Signore Gesú: vieni ad ispirare con il tuo Spirito
tutti questi spazi in cui, sinceramente e senza le pretese del re Salomone,
speriamo che tu “ti senta in casa”!
Ma la Parola ci provoca: non è ancora questo il cuore della
missione. Non ha senso costruire spazi in cui “giustizia e pace si
abbracceranno”, se non dedichiamo tempo e attenzione ai semi di vita che Dio
stesso, prima di noi, coltiva nelle piccole cose di ogni giorno.
Quest’anno mi ha provocato molto, in questo senso.
Le responsabilitá e le diverse richieste mi allontanano
sempre piú dalla vita quotidiana della comunitá missionaria di Piquiá.
Devo
ringraziare, quindi, la testimonianza silenziosa e fedele di pe. Angelo, la
tenacia di fr. Antonio nell’affrontare le contraddizioni quotidiane della
nostra cittá, l’immersione rapida e attenta alle persone del nuovo arrivato p.
Massimo, la dedizione pastorale e la testimonianza di famiglia di Valentina e
Marco (che hanno scelto di far nascere qui la nuova vita che aspettano!), la
competenza e l’amicizia di João Carlos e Dida, l’altra coppia di laici
missionari in Açailândia, il companheirismo di Danilo, avvocato popolare che da
quasi cinque anni lavora insieme a noi.
Lo spirito di famiglia comboniana, che unisce religiosi,
laici e laiche, come Comboni giá faceva 150 anni fa, è forse uno dei piccoli
grembi in cui Dio stesso chiede il permesso di nascere.
Altri piccoli grembi sono gli incontri quotidiani, il lavoro
comunitário e volontario insieme alle famiglie delle diverse comunitá,
l’accompagnamento silenzioso e impotente di una nostra catechista malata
terminale… insomma: il Dio delle piccole cose, che quest’anno ha bussato alla
mia porta “sfrondandomi e potandomi” per non dimenticare che, piú importante di
tutte le strutture, è l’umanitá, il rispetto e l’amicizia.
“Il Signore ti annuncia che ti fará una casa”, dice il
profeta al re Davide. Credo che la sintesi sia questa: sentirci in casa, con il
Dio della Vita e con amici in cammino con noi.
Sia che siamo impegnati in grandi progetti o che riusciamo a
contemplare il Dio delle piccole cose, la nostra vocazione missionaria è felice
perché ci sentiamo in casa e perché stiamo curando la casa delle relazioni tra
noi e con la creazione intera.
Che in questo
Natale anche il Signore si senta in casa con ciascuno di noi, sinceramente
impegnato perché tutto abbia vita, e vita in abbondanza.