martedì 25 maggio 2010

Parauapebas

Il nome della mia cittá é di origine indigena: significa “Fiume dalle acque chiare”. Il sangue che mi corre nelle vene, peró, non é altrettanto pulito... e proprio a causa dell’acqua che ho bevuto!

Non mi sentivo bene da mesi, ma ero tranquillo: nel villaggio dei lavoratori della Vale avevamo tutto garantito: casa, scuola per i figli, ospedale e controlli medici garantiti. In effetti, il medico continuava a tranquillizzarmi e diceva che gli esami erano nella norma, forse si trattava solo di una piccola infezione.

Mi sono fidato di lui, ma fino ad un certo punto: i problemi non si risolvevano e cosí ho deciso di fare altri esami in un ospedale non vincolato alla multinazionale. Selenio, Zinco, Rame, Alluminio, Piombo: io e i miei colleghi di lavoro ci siamo scoperti all’improvviso contaminati (e il tasso di queste sostanze nel sangue era piuttosto alto!).

Incredibile: nell’ospedale della Vale tutto era regolare, un altro medico ci diceva invece che avevamo il sangue zeppo di sostanze cancerogene!

Abbiamo cominciato a chiedere spiegazioni e smesso di lavorare (non ne avevamo le condizioni!)... e l’impresa in tutta risposta ci ha comunicato che chi non lavorava non aveva diritto alla casa e alle agevolazioni del quartiere residenziale!

Oltre al danno, la beffa: contaminati e espulsi!
Solo nella regione di Parauapebas esistono piú di 8000 processi nella giustizia del lavoro contro Vale, che afferma tra i suoi principi: “Offriamo ai nostri lavoratori um ambiente di lavoro etico, trasparente, ricco di opportunitá”.

Vittime...

Mia mamma: era anziana, non ci sentiva bene... é arrivato da dietro e l’ha travolta.

Mio papá: stava andando al lavoro, gli ultimi anni prima della pensione.
Era fermo lá nel mezzo, bloccava il passaggio. Papá gli é passato sotto, ma nel frattempo si é messo in moto e l’ha schiacciato.

Tiago stava seduto sui binari. Viveva depresso. É arrivato in corsa, fischiando e frenando forte, ma non s’é fermato e l’ha sbattuto lontano.

Il treno della Vale miete mediamente una vittima al mese, solo nel corridoio di Carajás.
“La gente si lamenta del rumore: passa a fianco delle case, a tutte le ore del giorno e della notte: dodici vanno e dodici tornano”. Padre Denys lo conosce bene, seguendo da anni le comunitá lungo i binari. “Non é un trenino passeggeri: sono 330 vagoni, ciascuno con 100 tonnelate di carico, uno dei convogli piú lunghi del mondo! Le vibrazioni fanno tremare le case, aprono crepe e sgretolano le pareti dei pozzi rendendoli inutilizzabili”.

“Sono stanco di seppellire gente cosí... uno di loro é stato travolto proprio il giorno di Pasqua. L’ennesimo incidente, che mi ha fatto indietreggiare al venerdí santo... Quest’anno sono rimasto bloccato lí. Non é possibile che una multinazionale cosí grande si comporti in modo cosí vigliacco: sapete qual’é l’unica indennizzazione che concede? Gli compra la cassa da morto! Beffardo e rivoltante!”

Foto: Philippe Revelli

Piquiá de Baixo e il signor Edvar

Giorno e notte gli altoforni bruciano carbone e ferro, ferro e carbone. Quaranta vagoni e trenta autoarticolati sono la misura per alimentare la fame di una sola di queste bocche di fuoco. Ma attorno al nostro villaggio ce ne sono 14!

E la ferrovia della Vale ci passa accanto, scarica ferro e raccoglie soldi puliti: il lavoro sporco lo lasciano qui. Sapete come la chiamano la prima lavorazione del minerale? “Pig Iron”: il ferro dei porci, perché produrlo inquina, e questo non é degno dei paesi ‘sviluppati’. Da voi arriva tutto pulito... Intanto, peró, dentro casa ogni giorno si ammassa la polvere sottile e scura, che entra nei vestiti, cade nel piatto, penetra nei polmoni, insozza la pelle...

Hanno un bel dire i medici, quando consigliano alle donne gravide di non restare qui: dove dovrebbero andare, se questa é la loro casa?! C’é gente che é arrivata 40 anni fa... e le industrie siderurgiche si sono installate solo nell’85, insieme alla ferrovia!

Come sempre, quando grida il piu forte i piccoli devono tacere... e cosí l’unica soluzione per noi rimane andarcene: cosí forse almeno i nostri figli avranno una casa pulita e un ambiente sano. Sulla porta della nostra associazione locale ho scritto “Sede provvisoria”. Speriamo che almeno questo sogno minore, di trovare un altro posto, ci sia concesso: noi da soli non abbiamo i soldi per ricostruire tutto.

Giá sono stato umiliato molte volte: ci trattano come se non capissimo nulla, peró quando hanno bisogno di braccia e di gente che arroventi nell’altoforno ci cercano subito! Siamo stanchi di sopportare tutto questo, da alcuni anni abbiamo alzato la voce, attivato i tribunali, cercato alleanze... ma qui é tutto cosí lento, quando si tratta di difendere i diritti dei poveri! Alcuni, purtroppo, si stanno stancando anche di lottare. Ma io no: vi garantisco che finché non vedró la mia gente rispettata e soddisfatta, non mi daró pace... e non la daró nemmeno a questi ‘signori del ferro’!

Il villaggio Califórnia

Mi chiamo Joana, abito da 14 anni nel villaggio “Califórnia”. É un nome simpatico, non é vero?
Non abbiamo nulla, peró, della ricchezza degli Stati Uniti: il nome viene dalla fazenda che c’era qui prima di noi. Siamo del Movimento dos Trabalhadores Sem Terra (MST); abbiamo conquistato la terra con molta lotta e resistenza: siamo rimasti accampati lungo la strada per mesi... erano anni molto violenti e la terra spesso si bagnava di sangue.

Graças a Deus oggi ho un pezzetto di terra da coltivare e una casa degna di questo nome!

Solo che 5 anni fa la Vale ha montato proprio a fianco del nostro villaggio (800 metri, e controvento!) piú di settanta forni industriali per produrre carbone. Lo ricavano dall’eucalipto... e infatti le nostre terre sono circondate da questa monocultura: la gente dice che tra poco invece di manioca dovremo masticare alberi!

La legna brucia tre giorni di seguito dentro i forni, il fumo é spesso e bianco, carico di residui tossici tra cui, principalmente, il catrame. E cosí, vari di noi nel villaggio viviamo con costanti problemi respiratori, polmonite, irritazione agli occhi e altri problemi di pelle. Siamo 1800, c’eravamo molto prima che Vale arrivasse, siamo lavoratori: abbiamo diritto a vivere in pace, non vi sembra?!

In molte occasioni abbiamo denunciato questa invasione: all’Istituto Ambientale Brasiliano, al Ministero Pubblico Federale e Statale, alla Vigilanza Ambientale, agli Assessori alla Sanitá e all’Ambiente del nostro Municipio e dello Stato del Maranhão... Abbiamo partecipato ad incontri pubblici con queste istituzioni, li abbiamo invitati a visitare il nostro villaggio, tutto invano.
Nel 2008, esasperati, alcuni di noi hanno realizzato un gesto simbolico abbattendo e bruciando alcune piante di eucalipto, bloccando la strada e entrando negli uffici della fabbrica di carbone. La televisione, finalmente, ne ha dato notizia in tutto il Brasile... solo che ha preso le difese della multinazionale: da vittime, siamo diventati colpevoli!
(foto Nils Vanderbolt)