martedì 29 settembre 2009

Si chiamavano Maria

Maria Bernardina la ho conosciuta in ospedale. Respirava a stento, lentamente esalando uno ad uno i suoi 95 anni.
Pochi giorni dopo mi chiamano per benedire il suo corpo prima della sepoltura. Arrivo e incontro solo tre persone attorno a lei... troppo poche, per lunghi anni di servizio e dolore!
Ne approfitto per ascoltare la storia di questa donna: sposata a 12 anni con un uomo adulto scelto per lei dai genitori. Macchina per sesso e figli, ha subito contratto dal marito la sifilide.
Concepiva e partoriva un bambino dopo l'altro, ma a causa della malattia nascevano deformi, con gravi problemi, e morivano ad uno ad uno nei primi giorni.
Quindici volte cosí, fino a trovare un medico che ha avuto un po' piú cura di lei e a dare alla luce gli ultimi cinque, sopravvissuti.
Maria Bernardina amava recitare il rosario: credo che sgranava le Ave Maria come le gocce di vita e dolore dei suoi venti parti.

Nello stesso giorno, di sera tardi, un'altra telefonata. É morta Maria Luisa, nipotina di Tagylla; é importante che un prete venga a 'battezzarla' (per i piú poveri davvero la fede é l'unico appiglio, per quanto semplice, popolare, forse ingenua...)
Raggiungere la casa di Maria Luisa é difficile, al buio, in una strada stretta e scoscesa, alla periferia della cittá. Alcune assi per terra tappano i buchi del cortile, un sofá arrangiato alla bell'e meglio fuori di casa, in penombra, per accogliere le visite che non ci stanno dentro di casa.
Alla porta l'abbraccio di molti, ma che tristezza quando all'improvviso, scostandosi, mi lasciano guardare dentro e appare nel mezzo della stanza silenziosa la piccola bara rosa...
Nove mesi nel pancione della mamma, il tempo lungo di una attesa in cui crescono sogni, progetti e aspettative. Poi il trauma di ore di ospedale: le spinte non sono sufficienti, la piccola sembra non voler uscire, i medici non vogliono fare il cesareo.
Ogni operazione costa tempo e fatica, da anni é la stessa storia, molte mamme col pancione preferiscono partorire nell'altro ospedale, a 70 Km di distanza: troppo spesso il nostro reparto maternitá invece di essere culla della vita é una fabbrica di morte.
“Tanto i poveri non alzano la voce” -sembrano pensare i medici di qui- “e poi al massimo ne fanno un'altro, di figlio...”

Si chiamavano Maria.

Maria, Maria
É um dom, uma certa magia
Uma força que nos alerta
Uma mulher que merece viver e amar
Como outra qualquer do planeta

Maria, Maria
É o som, é a cor, é o suor
É a dose mais forte e lenta
De uma gente que ri quando deve chorar
E não vive, apenas aguenta

Mas é preciso ter força
É preciso ter raça
É preciso ter gana sempre
Quem traz no corpo a marca
Maria, Maria
Mistura a dor e a alegria

Mas é preciso ter manha
É preciso ter graça
É preciso ter sonhos sempre
Quem traz na pele essa marca
Possui a estranha mania
De ter fé na vida.
(Milton Nascimento)

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